Enteprise 2.0 Ci vuole coraggio e fiducia

Enteprise 2.0 Ci vuole coraggio e fiducia

[:it]Ieri (3/6/2009) si e’ svolta a Milano la seconda edizione del Forum Enterprise 2.0. Promosso da Open Knowledge e un bel po’ di sponsor di ottimo livello (fra cui google,oracle, ibm), molti relatori internazionali, un programma ben congegnato, tempi rispettati grazie a moderatori precisi, partecipazione attenta con domande ficcanti, insomma organizzato benissimo e per fortuna, come l’anno precedente, tutto-a-gratis. A proposito dell’edizione precedente, ne avevo scritto qui in modo molto critico, forse quest’anno le mie aspettative erano diverse, ma anche rileggendomi, trovo che davvero quest’anno sia cambiato il tono: in generale meno adesione acritica a tutto quello che e’ nuovo (in apertura si è detto che il suffisso 2.0 rischia di essere quello che per anni e’ stato il prefisso e-)

Le mie impressioni:

1)Â le tecnologie non sono determinanti ma si tratta di processi culturali – concordo con l’ottima sintesi di Federico Gobbo in particolare quando dice
On the technological level, there is no innovation in the last year: we are still in MacLuhan’s horsless carriage phase (Siemens, Manitoba University, Canada). More specifically, the tools presented — Jive and Knowledge Plaza, among the others — are a combo of a Delicious clone (everything is taggable)+ wiki/blog engine + linkedin for personal profiles, plus some NLP treatment for synonyms or a a reward system.
cioè continuiamo ad avere vecchi modelli in testa (l’auto come carro senza cavalli) e gli strumenti presentati sono fra gli altri una combinazione di wiki+blog+socialbookmarking+profili personali (cose che in CSP avevamo realizzato dal 2006); mi sono stupita che non ci fossero soluzioni italiane come yooplus ; ci sarà sempre più il problema di integrare queste applicazioni agli strumenti classici dei sistemi informativi aziendali (ERP, CRM, ECM insomma Business Intelligence) e qui Oracle si è candidata, ma fortunatamente ci è stato promesso software gratis, a patto che Ancellotti e Capello facciano vincere all’Inghilterra Coppa dei Campioni e qualcos’altro..

2) questi strumenti sono adatti per la comunicazione interna di grandi strutture; anche le grandi imprese italiane cominciano ad affrontare questi cambiamenti organizzativi, con implementazioni spesso ristrette a piccole parti di azienda e strategie di ingresso “low profile” per non stravolgere troppo lo status quo; vanno ripensati i vincoli di policy di accesso a risorse aziendali che limitano moltissimo l’interscambio con l’esterno… quanto inventeranno i firewall osmotici ;-)?

3) si può fare marketing a basso costo, con molto coinvolgimento e passione.. un esempio molto interessante di open innovation, e’ sicuramente la community MyOpen di Bticino, interessanti anche le community di Lago (mobili) e Roland (tastiere e plotter) con il loro Artigiano Tecnologico.

4) interessanti i keynote speech: l’intervento teorico migliore e’ stato a mio avviso quello di George Siemens, guru per chi come me segue il dibattito sull’open education. Ha lanciato molte provocazioni, in qualche caso richiamate nella giornata: – you can share info not knowledge, la conoscenza non si condivide, si condivide l’informazione, gatekeepers are redudant, i custodi della conoscenza sono ridondanti; you don’t need publishing, why freeze knowledge, non serve pubblicare, perché congelare la conoscenza; knowlege management is useless

5) molto interessante Michel Durst di Adidas con vari spunti per aumentare la partecipazione e l’innovazione dall’interno e anche la tavola rotonda con SAP, ST Microelectronics e Cisco. Condivido molte cose che ha detto Scaroni (Open Knowlege) e in particolare ciò che ha detto in risposta a una domanda,ovvero che il più delle volte l’innovazione muore in azienda, perché è eversiva.

Allora per farmi coraggio penso alla storia del post-it, non tanto alla vicenda per cui Fry mentre cantava in chiesa pensò un segnalibro adesivo che non gli cadesse dalle pagine del messale (la vera invenzione fu trovare un utilizzo per una cosa inutile come una colla che non appiccica o meglio una colla che non si sapeva come usare – inventata da Silver cinque anni prima) ma quanto il fatto che nonostante l’idea gli fosse stata bocciata, trovò il modo per non abbandonare l’idea (parcellizzando gli acquisti dato che su piccoli budget non aveva vincoli autorizzativi e facendo usare i foglietti gialli ai suoi colleghi per altri 6 anni) e riuscì infine ad arrivare al mercato nel 1980. Ecco cosa dice Fry, su una pubblicazione della 3M:

“We share ideas at their earliest stages, before we have an idea of a product. We talk about our problems, our failures. That takes a lot of courage and trust” – Condividevamo le idee nelle primissime fasi, prima ancora che potessimo avere un’ida per un prodotto. Parlavamo dei nostri problemi, dei nostri fallimenti. Questo richiede molto coraggio e fiducia.

Perfetto per l’enterprise del 2009, le stesse parole che ho sentito ieri.[:]

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