Coloni digitali

Coloni digitali

[:it]colonidigitaliA Torino più di 500 persone stanno seguendo il dibattito sulla scuola del futuro nella sede dell’Arsenale della Pace. Norberto Bottani, su incarico della Fondazione Scuola della Compagnia di San Paolo, è il referente scientifico del Convegno e lo presenta così: “L’istituzione scolastica, che è rimasta immutata per secoli, sembra essere entrata in una fase molto tormentata di trasformazioni accelerate.” Fattori del cambiamento, anzi della “svolta epistemica” sono i progressi delle scienze cognitive e della psicologia genetica, unite alla tecnologie e all’avvento delle nuove generazioni, i cosiddetti “digital natives”.
Se fra chi non si occupa di tecnologie e apprendimento può essere tollerabile, l’uso di quest’insignificante etichetta, secondo me in questo contesto non lo era. Lo stesso Mark Prensky, che ha inventato i nativi digitali nel 2001, produttore di videogiochi (uno dei suoi libri è tradotto in italiano “Mamma non rompere sto imparando”) ha appena pubblicato un articolo in cui dichiara che visto che ormai coloro che sono nati nell’epoca delle tecnologie digitale sono ormai cresciuti, la distinzione da lui proposta fra digitali nativi e immigrati si è svuotata di significato.

“Although many have found the terms useful, as we move further into the 21st century when all will have grown up in the era of digital technology, the distinction between digital natives and digital immigrants will become less relevant.”

Il termine “nativi” non porta grande fortuna ai popoli a cui viene affibbiato, di solito sono popolazioni la cui cultura viene mantenuta in vita un po’ artificialmente, dopo che i coloni si sono presi la terra e hanno imposto la loro lingua e cultura. Non a caso, i coloni digitali, più o meno in tutto il mondo, sono all’opera per “limitare” (recintare?) e “regolamentare” questo nuovo territorio (in fondo la metafora del territorio da occupare, gli Americani-non-nativi, ce l’hanno nel sangue.. basti pensare all’EFF storica associazione per la libertà di parola su internet, che la “frontiera” ce l’ha nel nome).

Gli interventi che si sono susseguiti hanno fornito stimoli e opinioni controverse nel pubblico. Sono stati affrontati temi quali la storia della psicologia dell’apprendimento per evidenziare che manca la ricerca sulla psicologia dell’insegnamento, sulla tecnologia come supporto ai processi di auto organizzazione dell’apprendimento, soprattutto per abbattere i costi in contesti di “lontananza” geografica, sociale ed economica; su come le tecnologie possono contribuire a ribaltare il rapporto scuola-casa (studiando da soli e facendo i compiti/verifiche/test a scuola-insieme ad altri), sulle nuove professionalità che servono per usare le tecnologie nella scuola, sulla necessità di una teoria unificata dell’apprendimento (per collocare la dimensione socio-culturale dell’apprendimento sul web).
Ho avuto un sobbalzo, quando un relatore ha detto “per prevedere come sarà la scuola fra dieci anni, potremmo guardare com’era 10 anni fa, tuttavia questo non ci aiuterebbe perchè era uguale a oggi”.  Secondo, Nichola Taleb autore del  Cigno Nero questi metodi per fare le previsioni sono proprio quelli che si sono dimostrati più inaffidabili (ricordiamo la famosa frase “chi saprà mai cosa farsene di un computer personale” idea che fu fatale per la Digital Equipment).
I relatori che ho ascoltato (Marcel Crahay, Timothy J. Magner, Sugata Mitra, Diane Rhoten) sembrano tutti convinti che la chiave del cambiamento della scuola del futuro sarà “più tecnologia, come farne un uso didattico?“: ma questò è il presente!!
Qualcuno dal pubblico ha sollevato il tema: ma cosa insegneremo nel 2009? l’ex ministro Luigi Berlinguer, applauditissimo dalla platea ha detto che le tecnologie non hanno dato un contributo per risolvere la disaffezione e le difficoltà che gli studenti di tutto il mondo hanno con la matematica.
Ma senza arrivare al paradosso di Ernesto Olivero, che dice che nel 2020 non ci saranno piu’ gli studenti a scuola, io vorrei immaginarmi la scuola del 2020 senza tecnologie, dove i “nativi digitali” a rigor di logica dovrebbero essere gli insegnanti .. .. domani seconda giornata del convegno, chissa’ che non arrivino queste risposte.

Il seguito su Un giorno di scuola nel 2020i

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