[:it]Il futuro dei media sta nell’experience[:]

[:it]Il futuro dei media sta nell’experience[:]

[:it]futureC’è grande fermento a Torino intorno ai media digitali in questa settimana, tre eventi di livello internazionale – View conference cinema digitale, Share festival arte digitale e cultura internazionale e la conferenza di Create sull’industria creativa.

L’Europa lancia una consultazione pubblica sul futuro dei media online che si chiuderà a gennaio ma sembra che ancora una volta la burocrazia si stia facendo superare dai fatti: mentre infatti la consultazione continua a preoccuparsi di “contenuti scaricati legalmente” e di DRM, l’industria sembra andare a un’altra velocità .

Sul futuro dei media segnaloquesto articolo di Edo Segal che dice alcune cose interessanti: la prima è la convergenza è stata realizzata da Steve Jobs (che per inciso non produce contenuti), perché ha sfumato i confini fra videogiochi, film e musica e ne ha semplificato enormemente il modo di poterseli procurare attraverso gli App Store, la seconda è che l’unico modo di affrontare la pirateria è non vendere solo il contenuto ma l’esperienza associata a quel contenuto. Il contenuto si copia e si scarica, ma l’esperienza si puo’ avere solo se a quel contenuto sono abbinati altri servizi accessibili in rete e che si avvalgono dell’interazione con gli amici (vedi il caso I-am-T-Pain).
Questi concetti mi sembrano molto vicini a come Chris Mead – direttore di IF-Future of the book descrive, su Linkedin, il libro del futuro: The book was no longer defined as an object but as an experience, a unit of meaning, some of which were produced in beautiful, customised printed form, others in lavish online editions. But perhaps surprisingly the term remained—thanks to Macbooks and Facebook, Audiobooks, Digibooks, Skybooks, ifbooks etc, but the term was used to include events, performances, recordings, websites which demanded a certain level of attention. And all books were also communities, though mostly quiet ones, like library users silently sharing the same virtual space. “
La differenza fra i due è che Segal consiglia di vendere accesso ed esperienza (Sell access and experiences, not media files), Mead ipotizza nuovi mezzi per migliorare e approfondire lanostra attenzione e la presenza di non-bibliotecari di supporto nell’esperienza dei social network.

Reblog this post [with Zemanta]

[:]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.