Dare voce a chi non ha voce

Dare voce a chi non ha voce

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[articolo pubblicato il 5 luglio 2008 su ibridamenti]

Il Summit di Global Voices Online, che si e’ svolto a Budapest dal 27 al 28 giugno, oltre che occasione per il lancio della versione italiana, può essere lo spunto per parlare di come sta cambiando il modo di fare informazione, in una prospettiva globale.
Il progetto nasce nel 2004 dalla mente di Ethan Zuckerman dell’Harvard School, con l’idea di dare voce a chi non ha voce, tanto che ancora oggi per scelta, le aree geografiche non coperte sono il nord America e l’Europa occidentale, considerate sufficientemente coperte dai media. I referenti regionali (dove il concetto regionale, non coincide necessariemente con una singola nazione) scelgono in base alla loro sensiblità e alla loro conoscenza della blogosfera locale, di tradurre in inglese e proporre in un contesto internazionale, le voci del suo paese. Dal 2007, su proposta di Portnoy Zeng, da Taiwan, editor per il Cinese Semplificato, che ha sostenuto che solo l’1% dei cinesi legge l’inglese, gli articoli  sono ritradotti in lingue diverse. Ad un anno di distanza, sono 15 le lingue in cui un articolo può essere ritradotto, tra cui l’italiano.
Una struttura che non ha un coordinamento centrale, nessuno decide quali sono gli articoli che saranno ritradotti, né esistono policy specifiche, e così funziona anche la redazione italiana: i traduttori, che hanno volontariamente aderito, sono liberi di scegliere cosa tradurre.
Global Voices Online non è l’unico progetto di citizen journalism, che si basa su due fattori: volontarismo di massa e informazione diffusa e coordinata: questa sembra a tutti gli effetti la nuova via del giornalismo, che pur offrendo diverse opportunità, mette di fronte a nuovi dilemmi.
Il blogger non è un professionista e quindi non è tenuto a rispettare codici deontologici, ma allo stesso tempo molti confini fra l’amatorialismo e il professionismo diventano sfumati…  per alcune legislazioni per dimostrare di esercitare l’attività di fotografo, come professionista, bisogna dichiarare che buona parte del proprio reddito proviene dalle fotografie. ll citizen journalist che tutela ha, se non vuole svelare il nome di una fonte? e qual è la sua affidabilità?  un blogger che trasmette in diretta un omicidio è da condannare o no?

Global Voices Online è anche una rete di progetti: oltre al già citato Lingua, il programma di riferimento per le traduzioni, ci sono altre importanti iniziative, come Rising Voices, che promuove seminari di formazione in giro per il mondo per insegnare l’uso degli strumenti di social media, o Advocacy, che agisce per difendere la libertà di espressione. Esistono anche programmi legati ad eventi: c’è il programma “Voices without a voice” che copre le elezioni US e ci sarà la copertura delle Olimpiadi.

La grande forza di Global Voices Online era negli occhi e nelle parole dei circa 80 volontari, soprattutto giovani, presenti a Budapest che sono essi stessi testimonianza della  dimensione “global” e “local” nel loro essere lontani da casa, ma nell’essere impegnati a far conoscere la propria cultura nel mondo.

Leggo ora su Global Voicesche il parlamento iraniano, sta discutendo l’introduzione della pena di morte per i blogger e i siti web nocivi alla salute mentale del paese perché  promuovono  corruzione, pornografia e apostasia, e c’e’ pure una vignetta in cui un ayatollah dice al condannato: “Non si lamenti, la stiamo condannando legalmente”.  Non questo è il futuro in cui non vogliamo andare e per cui è importante difendere progetti come questo.

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