Animatore digitale? Il rischio è che diventi il “tuttologo digitale”

Animatore digitale? Il rischio è che diventi il “tuttologo digitale”

[:it][Pubblicato su Forum PA il 4 Marzo 2016]

Quante volte è stato ripetuto che gli investimenti in tecnologia senza la formazione sono inutili? Ebbene nel Piano Nazionale Scuola Digitale sono previsti investimenti importanti per la formazione che riguardano gli animatori digitali, lo staff per l’innovazione e a seguire tutti gli insegnanti.

L’“animatore digitale”è una trasposizione di quei “campioni digitali” inventati da Riccardo Luna per portare l’innovazione in ogni comune di Italia , soprattutto all’interno della pubblica amministrazione locale. Secondo quanto dichiarato sul sito del Ministero dell’Istruzione (MIUR), gli Animatori digitali sono docenti di ruolo che avranno il compito di seguire per il prossimo triennio le attività legate al digitale nella propria scuola. Dovranno organizzare attività tecnologiche e metodologiche per promuovere una cultura digitale condivisa e ad ogni scuola saranno assegnati 1000 euro per realizzare progetti digitali. Sono circa 8303 gli Animatori digitali individuati dai loro Dirigenti con una prevalenza femminile (4594 donne contro 3709 uomini).

Contestualmente, il MIUR ha individuato anche le scuole che si occuperanno della formazione per gli Animatori Digitali. Il bando, rivolto alle scuole e aperto a partnership con Università e Centri di Ricerca è stato chiuso alla fine del 2015 e conteneva linee guida stringenti sui contenuti della formazione. Le scuole che si sono candidate come poli/snodi formativi per la progettazione e l’erogazione della formazione sono state valutate sulla base di criteri tra cui la capacità di offrire corsi su base regionale e servizi aggiuntivi. Il MIUR ha successivamente previsto ulteriori investimenti per la formazione, che coinvolgono per ogni scuola lo “staff dell’innovazione” che è composto dal Dirigente Scolastico, il Direttore per i Servizi Gestionali e Amministrativi e che successivamente si estenderanno a tutti gli insegnanti.

L’accelerazione imposta dal MIUR nell’emissione e aggiudicazione dei bandi, si scontra con l’inerzia di un corpo scuola articolato, complesso e con i tempi richiesti per l’effettiva attuazione dei piani: l’avvio dei corsi è comunque previsto entro il mese di Marzo 2016 e con l’erogazione di almeno un terzo delle ore previste entro Giugno 2016.

L’azione degli animatori digitali è strutturata in tre aree: strumenti, contenuti e formazione, sulla base dei quali vanno progettati ed erogati corrispondenti interventi formativi. L’area strumenti prevede interventi di natura tecnologica legati ad interventi su infrastrutture, laboratori multimediali, biblioteche, sicurezza incluso il fundraising, l’area contenuti spazia da temi generali quali l’economia digitale, l’imprenditorialità alla ricerca di informazioni online, infine la terza area è soprattutto orientata ai modelli organizzativi necessari a sostenere i processi di innovazione e anche qui si va dal BYOD all’assistenza tecnica alle reti territoriali.

Tutte le azioni concorrono alla creazioni di un profilo che sembra avere una funzione di raccordo, ma che corre il rischio di diventare il “tuttologo digitale” della scuola.

Per questo motivo vorrei qui focalizzarmi su due aspetti che considero fondamentali e che tuttavia sono connessi fra loro la cittadinanza digitale e l’infrastruttura di rete.

Usare metodologie didattiche arricchite dall’uso di strumenti tecnologici non è necessariamente sinonimo di innovazione: adottare nuovi layout di classe e nuovi “ambienti di apprendimento” può favorire un maggiore orientamento al dialogo e a dare agli studenti un ruolo attivo, ma senza un quadro culturale di riferimento, che orienti giovani e adulti alle prese con il digitale, rischia di diventare un esercizio vuoto e rischioso. Esistono tante metodologie per l’integrazione degli strumenti tecnologici in classe e ogni insegnante potrà adottare quella più congeniale al contesto in cui si trova.

L’uso del digitale in classe è anche capacità di ricercare e manipolare oggetti digitali ma è solo quello: è necessario acquisire la consapevolezza della propria presenza online, dei propri diritti e doveri digitali, legati alla libertà di espressione, alla proprietà dei propri dati, all’inviolabilità del domicilio informatico, alla neutralità dell’accesso alla rete, al diritto all’anonimato e all’oblio, come ci insegna la Carta dei diritti di Internet. Sembrano temi lontani dalla vita quotidiana, eppure quante ore passiamo in ambienti digitali che tracciano tutto quello che facciamo e usano questi dati per profilarci, indovinare i nostri desideri e decidere se siamo affidabili per accendere un mutuo o per avere un posto di lavoro?

Per questo ragione nel primo evento di “riscaldamento” per gli Animatori Digitali organizzato il 18 febbraio dalla rete DSchola presso l’Itis Majorana di Grugliasco a cui hanno partecipato 360 persone cioè quasi la metà degli AD della regione è stato dato ampio spazio al tema della cittadinanza digitale, grazie a Rodolfo Marchisio che ha presentato i suoi ebook indirizzati ai ragazzi e utili agli insegnanti. Riflessione proseguita su come cambia la scuola grazie agli “schermi” con Dario Zucchini che ha contrapposto la “realtà televisiva” alla “virtualità della rete” evidenziando quanto questo sia un inganno lessicale, perché sappiamo tutti quanto siano costruiti i reality e quanto invece sia reale quello che si fa in rete.

“I miei ragazzi non hanno Internet, usano solo Facebook e WhatsApp” oppure “non c’è abbastanza banda: quando in classe usiamo i tablet per vedere un video la rete non ce la fa” oppure “siamo in testa ai risultati di ricerca di Google” sono dichiarazioni non troppo lontane dalla realtà. E’ importante avere un’idea di cosa c’è “nel cofano” senza diventare esperti, per capire che senza Internet non ci sarebbero Facebook e WhatsApp e che se tutti i 20 tablet si collegano allo stesso video in HD la banda non sarà mai abbastanza e che è meglio pensare ad un sistema di gestione dei dispositivi (mobile device management), sia che si disponga di un’aula 2 o 3.0, sia che si lavori in modalità BYOD.

Allo stesso modo sarebbe utile che si chiarisse una volta per tutte l’annosa questione delle pericolosità del wifi. Purtroppo anche in questi casi non basta l’evidenza delle misurazioni, dei dati e di quanto dichiarato dall’OMS, sull’elettrosmog, ma essere preparati aiuta.

E’ inutile nascondere che le ore di formazione procapite previste dal piano sono comunque poche: per questo gli #AD, e tutti coloro che sono interessati al processo di innovazione educativa devono diventare progettisti della propria formazione ed essere pro-attivi rispetto a tutte le possibilità offerte online. Per questo si è parlato di MOOC: il corso online offerto dal prof. Bogliolo dell’Università di Urbino sulla piattaforma europea EMMA, sta coinvolgendo più di 5000 insegnanti con le loro classi, sul tema del coding e ci sono tante altre possibilità offerte da altri enti italiani che contribuiscono all’Agenda Digitale.

Sono trent’anni che si immagina una scuola con i computer in classe, ma nella scuola del 2050, forse gli schermi saranno superati, come le aule, i banchi e le cattedre.

Nel 2050 forse non si parlerà più di scuola digitale e all’Animatore digitale sarà affiancato un coach, un esperto per sviluppo professionale degli insegnanti con cui pianificare un percorso, dentro e fuori la scuola, con cui discutere i punti di forza e debolezza, che li supporti nell’accesso a scambi internazionali, stage di lavoro in azienda, con cui impostare i propri traguardi e discutere i risultati, perché il centro della scuola sono gli studenti, ma il loro successo dipende dalla qualità dell’insegnamento.

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