Google e la platform education

Google e la platform education

In questa fine 2020 abbiamo anche scoperto che Google può andare in crash e lasciarci senza posta, senza call, senza lezioni, senza agenda, senza youtube…. dobbiamo credere alla motivazione ufficiale (mancanza di spazio/memoria?) si e’ trattato di un attacco hacker? per noi umili e fedeli consumatori e schiavi del clic, alla base della piramide tecnologica non cambia molto.. L’effetto interessante è che sono cominciate a sorgere spontanee alcune domande (che qualcuno in realtà si fa da tempo) ad esempio sul rispetto della privacy dei dati dei suoi utenti/clienti da parte del colosso informatico che probabilmente non stanno in Europa, come dovrebbero (a proposito questo sito è su un server in US ma qui non si traccia nulla).

Il successo di Google è dovuto al fatto che tutto funziona bene, è di facile accesso ed è gratis, per cui anche il singolo può accedere ad una suite di servizi che sono quasi del tutto simili a quelli offerti ad un’azienda o ad una pubblica amministrazione. Uso Google in privato e sul lavoro, ho un cellulare Android e pur cercando di limitare tracciamenti vari, dato che i dati li abbia tutti e li usi (ricordo la storia della cronologia degli spostamenti disattivata?). Ho alternative come singolo utente privato? sicuramente potrei diversificare e scegliere altre multinazionali che mi offrono servizi di minore qualità e non integrati fra loro. Oppure se fossi un bravo smanettone potrei gestirmi il server di posta e altre cose, ma se bravo non sei è facile ritrovarsi nel giro di poco tempo con tutto bucato da chi si allena a diventare professionista nel campo dell’hackeraggio o si diverte e basta. Infine più semplicemente che alternative realistiche si sono se devi collaborare in remoto con altri che non sono troppo “skilled”?

Anni fa, avevo lavorato sulla NeXT -quella di uno Steve Jobs in una fase di transizione della sua vita- si trattava di computer che usavano le prime interfacce grafiche e le icone e discutevamo che modello di mondo ci proponeva attraverso la metafora della scrivania e dello schedario. Prima ancora un amico mi aveva detto che sentiva che fare l’informatico gli stava cambiando il modo di ragionare, tempo dopo un altro mi aveva fatto riflettere su come usare sistemi di word processing avrebbero potuto cambiare il modo di scrivere.

Grazie a #blacklivesmatter abbiamo avuto consapevolezza di quante parole inutilmente discriminatorie usiamo come “black list” …. Quanto siamo consapevoli dei modelli che Google e tutti gli altri ci passano attraverso la schematizzazione dei nostri comportamenti, sentimenti, modelli sociali?

Tutti si sgolano contro la DaD e tuonano che “non e’ parlare davanti a un video” , che gli insegnanti non sanno cos’è l’elarning… oggi ho sentito anche discettare sul termine “distanza” .

Le scuole usano la Google suite e Google classroom e dopo aver visto che funzionava, sono state come prevedibile, facilmente invogliate a comprarlo. L’investimento formativo è stato fatto nei giorni del primo lockdown e ormai sono tutti abituati: la base di utenti di Google Classroom è raddoppiata durante il lock down.

Ieri hanno scoperto che anche Google si rompe, che i dati non sono protetti come dichiarato. Nel contratto di Google Classroom anche se dichiarano che i dati dei minori non sono usati per scopi pubblicitari, ma come detto prima, comunque i dati li hanno e li usano, per costruire modelli e algoritmi su come si impara, su come rispondiamo alle piccole variazioni dell’interfaccia e nel frattempo propagano un modello educativo, che ripropone una gerarchia di ruoli e di controlli, anche grazie alle API permettono ad applicativi esterni di raccogliere altri dati e controllare se gli studenti copiano, e quanto tempo ci mettono a fare le cose, e in teoria permettono di fare gli stessi controlli sugli insegnanti e salendo nella gerarchia ai risultati delle scuole (*) …. e cosi via raccogliendo dati che permetteranno a bravissimi ingegneri con competenze multidisciplinari di creare modelli e algoritmi ancora più sofisticati per aiutare gli studenti ad imparare meglio, attraverso strumenti di cui non sapranno fare a meno.

(*) Per approndire consiglio la lettura di questo paper

Carlo Perrotta , Kalervo N. Gulson , Ben Williamson & Kevin Witzenberger
(2020): Automation, APIs and the distributed labour of platform pedagogies in Google Classroom,
Critical Studies in Education, DOI: 10.1080/17508487.2020.1855597

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