Amatorialismo di massa

Amatorialismo di massa

[:it]Qualche settimana fa, Giuseppe Granieri ha pubblicato su Apogeonline una nota approfondita e dettagliata su come sta cambiando il giornalismo.

L’articolo è stato ripreso da vari blog e testate, per esempio su LS-DI “Giornalisti in drastica riduzione” e in particolare da Bernardo Parrella che ha sottolineato come si debba tenere conto del fenomeno del giornalismo partecipativo. [Berny sul suo blog, su yourait (Partecipazione e condivisione per difendere l’informazione, davvero) e nuovamente su LSDI (Lunga vita al giornalismo partecipativo)]


the robotic lift man

Photo Courtesy Tushar : “When I was little, lift men were real men. These days they are little robots with buttons for eyes, keycard readers for mouths, and a little LED nose. “

Non sono daccordo con Granieri quando scrive “E il problema alla fine è semplice: se non si fa fatturato, non c’è professione. Se si dimezza il fatturato, si dimezza lapopolazione che riesce a viverci facendo quel lavoro.”
Il punto è che le professioni spariscono, inghiottite dall’evoluzione tecnologica. Gli ascensoristi servivano perché far andare su e giù gli ascensori era complicato, bisognava gestire leve e ingranaggi. Col progredire delle tecnologie, tutto si è risolto in un bottone da pigiare, per cui l’ascensorista non serve più.. eppure gli ascensori ora ci sono in tutte le case, non credo che abbiano ridotto il fatturato.

Se in coda dietro di me al supermarket di discute di masterizzatori e di “Nero”, se la signora della ferramenta polverosa in un paesino siciliano chiede alla sua amica di essere invitata su quel socialnetwork, e il carrozziere si fa consigliare dal benzinaio il sistema per farsi pubblicità da solo su Internet, forse qualcosa è già cambiato.

Questa “alfabetizzazione digitale” sta producendo informazione, forse non tutta di qualità , ma è ruspante, diretta e spesso sorprendente. C’è tanta informazione amatoriale disponibile oggi in rete: è ora di cominciare a tenerne conto seriamente (come fanno già all’estero) e lavorare per farla crescere, perché amatoriale non sia sinonimo di scadente. Mi auguro che nel prossimo appuntamento di Perugia, sia al Festival sia al Mediacamp se ne discuta.

( http://giornalismopartecipativo.ning.com)[:]

4 pensieri riguardo “Amatorialismo di massa

  1. Anche io non sono completamente daccordo con quanto scritto da Granieri cui ho risposto sul suo blog, e riporto di seguito.
    —–

    Condivido la tua analisi, Giuseppe, sullo stato dei media ed il percorso evolutivo cui lo scenario digitale ha costretto i media trdizionali.
    Quello che a mio avviso appare discutibile è l’ ipotesi che “il giornalismo non professionale non avrà mai, ahimè, i mezzi per coprire quanto succede nel mondo, non in maniera sistematica nè organizzata. E’ un complemento lussuoso, ma non un sostituto del giornalismo professionale dentro un “news media”..
    Ecco, da operatore dell’ informatica da circa 25 anni e della comunicazione da poco meno, ho visto accadere “cose che voi umani non potete neanche immaginare..” per dirla con le parole di Blade Runner. Non troppi anni fa, era la metà degli anni ’70 il mondo dell’ informatica era letteralmente monopolizzato da IBM.
    Qualche anno dopo le certezze di “Big Blue” come era affettuosamente chiamata la multinazionale americana, crollarono con l’ avvento del Personal Computer e di Microsoft. E ancora pochi anni or sono nessuno, a meno di esser considerato folle, avrebbe immaginato il possibile subentro nel controllo del mondo dell’ informatica e del Web da parte di Google.
    Poco attinenti questi ricordi? Non credo.
    La affidabilità delle risorse collettive è stata da tempo collaudata attraverso strumenti di intelligenza collaborativa come i wiki ed il più grande esempio di ciò è proprio Wikipedia.
    Wikipedia ha un numero di voci pari a 10 volte l’ Enciclopedia Britannica ed un controllo ed un aggioramento ancora più elevati.
    In un possibile scenario di “citizen media” futuribile io vedo proprio l’ “intelligenza collaborativa” come il punto di svolta e di certezza.
    Il controllo come le notizie verrà svolto dagli stessi “prosumers” che scriveranno e leggeranno e…. corregeranno.
    La possibilità che questo tipo di informazione possa venire volontariamente “distorta” sarà pertanto di gran lunga inferiore a quella che accade oggi in un “media tradizionale”, dove un unico individuo, depositario della verità , può in maniera diretta o subliminale, dare un senso, piuttosto che un altro ad una informazione, per motivi commerciali, politici o, addirittura, personali.
    Sarà possibile, in un “citizen media” globale, per un ristretto numero di “operatori dedicati” attivare meccanismi automatici di controllo delle informazioni (es. segnalazioni di errori, di falsi, etc..) che richiamano l’ attenzione dell’ operatore per una rapida verifica.
    Attraverso quegli stessi citizen media, di dimensioni variabili dalla singola unità individuale ad intere collettività globali, sistemi di difusione della pubblicità globalizzati, (google, yahoo, microsoft, etc..) saranno in grado di utilizzare la teoria della “coda lunga” di Anderson per il posizionamento dell’ advertising, riconoscendo, come già accade, i compensi pubblicitari in base al “pay per click” ed ad altri fattori parametrizzati.
    Per quest’ ultimo motivo ritengo anche che gorsse multinazionali dell’ informazione non potranno prendere il sopravvento nè tecnologicamente nè economicamente. L’ interesse, per esempio di Google, è proprio quello di gestire un advertising molto frazionato ed utilizzare la teoria della coda lunga che, su un mercato globale ha già dimostrato di essere vincente, anche per quanto riguarda Amazon ed Itunes.

    1. Antonio mi auguro che tu abbia ragione, quando dici che “le grosse multinazionali dell’informazione non potranno prendere il sopravvento”, lavoriamo per questo :-).

  2. Scusate se inserisco in questa bella discussione alcune componenti dubitative. (il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza – J.L.Borges).
    Antonio ha ragione quando scrive “…un unico individuo, depositario della verità , può in maniera diretta o subliminale, dare un senso, piuttosto che un altro ad una informazione, per motivi commerciali, politici …” e vede in questa caratteristica dell’informazione unilateralmente propinata una delle più grandi possibilità di “drogare” il messaggio, piegandolo ai propri fini. E’ però altrettanto pericolosa la caratteristica complementare, ovvero la frammentarietà e la dissoluzione nell’oceano del web delle informazioni essenziali e rilevanti e magari dei commenti a tali informazioni da parte di esperti nel campo.
    Voglio dire, come sappiamo tutti la sovrabbondanza di informazioni e la mancanza di informazioni possono entrambe condurre verso l’abulia, un rischio con il quale ognuno di noi cerca di confrontarsi organizzando elenchi di “favorites” nel tentativo di tracciare una rotta in questa navigazione nell’oceano delle parole.
    A ciò si aggiunga la tentazione della “deriva semantica e sintattica” ovvero la seduzione dell’hyperlink che ci consente di seguire un concetto o una parola o il nome di uno sconosciuto personaggio o di una località ignorata per poi ritrovarsi dopo qualche “hop” in terre completamente differenti da quelle che ci ospitavano all’inizio del viaggio di conoscenza. Abbiamo progredito nel viaggio verso acquisizione del sapere oppure ci siamo distratti e la nostra mente ha “cazzeggiato” sulla superficie dell’oceano di conoscenza ?
    Per finire introduco solo un paio di altri dubbi, stimoli per ulteriori riflessioni. Primo, dobbiamo renderci conto che, in ultima analisi, stiamo sempre e solo parlando di una nicchia di mercato, dei pochi che possono consultare ed essere raggiunti dalla connessione internet (quelli sulla sponda fortunata del digital divide) e, tra questi pochi, i pochissimi che utilizzano il web per nutrire la mente e non il corpo (“internet is for porn”). Tutti gli altri sono abituati ad una diversa “grammatica” dell’informazione, alla signorina buonasera ed ai servizi dall’estero, ai TG che parlano del freddo inverno, delle ricette a base di fagioli e dei commenti politici (un fenomeno circoscritto alla nostra bella penisola, dalle altre parti i commenti vengono richiesti direttamente ai politici !).
    Secondo, la struttura fisica su cui viaggia il web è completamente in mano ai big del capitale che possono strozzare il cavo o al limite interromperlo quando vogliono. Da noi non ci sono mai state finora reazioni così violente, è vero, ma è altrettanto vero che la storia del web ha solamente qualche decennio e nessuno ha mai organizzato una seria opposizione, nei paesi dove qualsiasi voce contraria viene osteggiata (la Cina per esempio) il web fornisce informazioni diverse e google è pronto a piegarsi alle richieste ufficiali del potere. (questo in merito alle “…grosse multinazionali dell’informazione [che] non potranno prendere il sopravvento né tecnologicamente né economicamente …”).
    Quindi ? Sono convinto che occorra procedere in due direzioni: una che porta all’organizzazione dei rivoli dell’informazione che possiamo chiamare “alternativa” in modo che chi vuole possa raggiungere in modo semplice una conoscenza il più possibile completa su un determinato argomento (mi sto riferendo alle “news” in cui il fattore temporale è determinante per capire sia la collocazione dell’informazione nel contesto generale – perché me lo stanno dicendo adesso ? – sia il significato dell’evento in rapporto all’evoluzione storica – perché avviene in questo momento ? sia in un rapporto comparativo con le altre informazioni – per quanto tempo me ne stanno parlando ? e così via). L’altra direzione è quella della diffusione in modo che una buona parte dell’informazione che possiamo chiamare “alternativa” raggiunga quante più persone possibile e quindi, per far ciò, si avvalga dei supporti e, soprattutto, dei metodi rappresentativi a cui le persone sono avvezze.
    Sono convinto che il web sia frequentato dalle menti migliori, se non le più sveglie certamente quelle più curiose e appassionate; quindi sono certo che anche “se non si fa fatturato” ci sia ancora chi è disposto a spendere il suo tempo per una causa che ritiene giusta.

    1. Grazie Mario, condivido con te che non esistono bacchette e formule magiche e l’informazione dal basso non e’ necessariamente di buona qualità .. ma per fortuna nemmeno di cattiva qualità . Occorre imparare a difendersi dai media di massa, mettendo in atto pensiero critico

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